In un paese in cui l’idealizzazione verso le figure genitoriali è a tempo indeterminato, in cui l’iperpresenza invischiante di mamma e papà inizia dalla prima ecografia e si estende verso un bel fine pena mai ecco Arianna, uno spiraglio di luminosa e anacronistica lust for life.

Però papà non ci sta. “Ma come? Non stai bene qui?” chiede col cuore spezzato. “Si certo”, risponde lei “ma voglio farmi la mia vita”.

Batti 5 Arianna.

Ma se in un paese normale la notizia di un figlio che vuole emanciparsi sarebbe accolta come cosa lieta nel qui ed ora della cultura italiana è il preludio del disastro.

Vediamo un padre disperato litigare con la moglie, possiamo solo immaginare quel che si dicono ma c’è da scommettere che il tono sia vagamente recriminatorio.

Poi i genitori vanno a fare la spesa e lì la trovata: compriamo una carota!

A che servirà questa carota? Lo scopriamo presto: a simulare un karaoke, durante il quale, questo contrito padre dedicherà alla figlia una canzone dal significato piuttosto enigmatico “ti lascio una canzone per quando avrai freddo, fame e sete…” terminando con un “fai la tua vita amore mio”

Ora, lo spot in questione ha evidentemente un obiettivo conciliatorio tra un padre innamorato della figlia quanto preoccupato per l’ostilità del mondo e la suddetta, che, c’è da ammettere, non si lascia scoraggiare nei suoi propositi e mantiene il punto fino alla fine.

Mi chiedo però se in un momento così inedito come quello che stiamo vivendo in cui un’intera generazione (forse 2) fatica a trovare il proprio posto nel mondo causando conseguenze drammatiche nella psiche di questi giovani la scelta del focus sul genitore-che-non-riesce-a-separarsi sia quella più adeguata.

Qui si vede una figlia accompagnare un padre ben poco collaborativo alla separazione. Che tra l’altro riesce giusto un po’ ad elaborare solo tramite un movimento regressivo (mentre canta si vedono immagini della figlia da piccola).

Il futuro di Arianna non è pensabile. Non c’è un padre che accompagna una figlia in un giusto e fisiologico passaggio evolutivo di crescita. Cosa di cui avrebbero tanto bisogno i ragazzi oggi.

C’è un padre che soffre, per qualcosa di cui invece dovrebbe essere felice (felicità agrodolce magari ma pur sempre una felicità), e noi tutti ad empatizzare con lui, col suo dolore.

Ma non voglio essere cinica. Un figlio che cresce e va per la sua strada un po’ ci fa soffrire. Ci mette direttamente faccia a faccia col tempo che passa, col fatto che non siamo più indispensabili come invece siamo stati in tempi più antichi.

Il fatto è che il nostro dolore non può essere il centro del discorso. Esiste, ne prendiamo atto, pure noi genitori siamo persone ci mancherebbe, ma non sono nostri figli a doversene fare carico, magari cantando con una carota in mano per soddisfare il nostro desiderio di riportarli per un attimo ad essere bambini.

Perché per una Arianna che stoica resiste al senso di colpa e con determinazione porta avanti il suo progetto ce ne sono altre mille che vengono demoliti dal dolore di genitori fragilissimi che non tollerano l’abbandono.

E così non si può crescere più.