Attraversare l’adolescenza si sta rivelando un compito sempre più arduo. Se un tempo la pubertà decretava l’inizio dell’adolescenza e il raggiungimento di un proprio posto nel mondo la fine, oggi in adolescenza si entra prestissimo e non se ne esce più. Un buco nero esistenziale in cui ogni giorno precipitano individui che hanno la sola colpa di essere nati dopo altri.

L’adolescenza che aveva un suo scopo quando ancora definiva una spazio di scoperta e sperimentazione di sé e magari di assunzione di qualche basilare responsabilitá sta lentamente perdendo la sua funzione. Nessuno dice più a questi giovani che a una certa c’è da quagliare, né che sperimentare e andare alla ricerca di sé è un diritto e non una gentile concessione degli adulti.

Ci ritroviamo così con una generazione di ragazzi impigliati nelle ragnatele di una società ansiosa congelati nello status di eterni malati immaginari. Se trovandoci a parlare con un 15enne dei nostri giorni decidessimo di condividere con lui il grande segreto per la felicità futura nonché il profondo rimpianto di molti millennial: “vai, fai, prova, sbaglia, vivi la tua vita e trallallá” con ogni probabilità ci guarderebbe come si guardano quelli usciti di senno.

Lo so perché ci provo, testarda come un mulo, ogni singolo giorno. Sbagliare non è un’opzione, neppure quando si sbaglia si sbaglia davvero perché spesso e volentieri dietro un adolescente che fa una stupidaggine c’è un genitore avvocato pronto a giustificare con tutti i “ma però” di questo mondo. Di POSSIBILITÀ ce n’è una e una soltanto, ripetuta come un mantra da ogni bocca adolescente che si rispetti “fare la scelta giusta”.

Ogni volta che mi sono sentita chiedere “come faccio a fare la scelta giusta?” ho risposto “spero non ti capiti per i prossimi 10 anni”

Per far sì che dagli errori si possano generare moti creativi ed esperienze di crescita non basta la volontà del singolo ma un intero villaggio che condivida un progetto. Ma quando sbagliare significa solo procurare danni ai genitori, che poverini, sono così buoni e bravi, comprensivi, affettivi, presenti ecc ecc che morale si può trarre dai propri fallimenti?

E viceversa, quanti genitori oggi sono disposti a lasciare che i figli sbaglino, che siano “altro da sè” e non propri prolungamenti narcisistici, che non realizzino ad ogni costo le loro ambizioni frustrate? Quanti sono in grado di tirare i cordoni del borsello, accettare che la prole viva qualche sana delusione, che si faccia largo in questo mondo per come è e per come può, dire “adesso basta, veditela da solo”?

E sapete qual è il modo migliore per mandare completamente in corto circuito un adolescente degli anni ‘20? Chiedergli di scegliere il proprio futuro in base a quello che gli piace Siamo davvero convinti che tenere un ragazzo in un vasetto di formalina, impedirgli di conoscere sè stesso e poi tirarlo fuori per chiedergli cosa gli piace sia una scelta di buon senso. E magari mentre lo facciamo ci sentiamo pure adulti all’avanguardia.