Le madri degli altri sono un po’ come l’erba del vicino. Se non necessariamente più verdi ce le immaginiamo più calme, pazienti, ordinate, sorridenti. Se non hanno la piega fatta di fresco i capelli spettinati conservano comunque una certa eleganza, se sono in ritardo arrivano correndo ma senza una goccia di sudore (e in fondo non potevano mancare al meeting di “salviamo il mondo”), se non sanno fare le torte (rarissime eventualità) conoscono la pasticciera giusta che risponde a tutte le ore del giorno e della notte, anzi, è la loro migliore amica.

A loro i nostri figli si rivolgono con un’educazione da piccoli lord dello Yorkshire, d’altra parte come si può non avere grande rispetto e ammirazione per una donna che ha investito parte del proprio patrimonio in merchandise dei Me contro Te solo per far felice il proprio pargolo?

“Mamma tu non mi compri mai le cose carine come fa la mamma di Pincopalla”, “ma non è vero amore, la tua camera è invasa da cose carine di cui non ti interessa niente, che perdi, rovini ecc ecc”, “ma la mamma di Pincopalla è più brava”, “ok amore, chiedi se ti adotta”.

Le mamme degli altri sono figure mitologiche, ci fanno sospirare di desiderio, le ammiriamo e idealizziamo, ahhh, avessi avuto io una madre così, e invece la mia…e giù con la lista di difetti di questo essere umano che più umano non si può, pieno di imperfezioni, rughe, ricrescita grigia, dotato però di corde vocali poderose normalmente utilizzate per urla e strilli “fai i compiti! metti a posto la camera!” e via dicendo.

Noi lo sappiamo bene che le madri in fondo si assomigliano un po’ tutte, che al riparo da occhi indiscreti liberano cellulite e caratteri spigolosi, si abbandonano alla stanchezza e ai bisticci col partner. Ma spiegaglielo a un bambino.

Credo che la glorificazione della madre che ci trasciniamo dietro ormai da millenni abbia prodotto più danni, a livello personale e sociale, dei pochi vantaggi di cui siamo state beneficiarie.

Ora, in tantissimi finalmente stanno portando allo scoperto le falle di questa visione uterocentrica, nel tentativo di ricollocale la donna in una dimensione più umana restituendole gambe, braccia, cervelli ovvero quella dignità che dovrebbero avere le persone al di là del prodotto del proprio ventre. Sì, ci sono voluti centinaia di anni e vari movimenti per iniziare a fare questa cosa!

Ma il punto qui non è questo, non è quanto la donna si sia, o si stia, liberando dalle catene della monofunzione, quella generativa, che per un miliardo d’anni ci ha tenute zitte e ferme nei nostri ruoli. Il punto è che non siamo mai stati educati, né di conseguenza siamo riusciti ad educare, alla clemenza.

Non abbiamo mai accettato che le nostre madri fossero fonte di dolore così come, schiacciati dai sensi di colpa, non abbiamo mai accettato il loro. Tutto questo dipingere le madri come esseri ultraterreni, capaci di ogni cosa, di grandi sacrifici e grande bontà ci ha fatto credere che soffrire a causa loro fosse ingiusto, immeritato. Non sto parlando di situazioni di grave abuso o di grave malattia mentale, sto parlando della normalità intesa come ciò che si colloca nella norma. Le madri addolorano i figli in talmente tanti modi diversi perché allo stesso modo è varia la natura umana. Succede, succede a tutti (soprattutto a chi dice di avere una madre perfetta), succede a chi lo nega, succede a chi passa una vita a piangersi addosso, succede a chi non lo riconosce e succede anche a chi ha un rapporto sufficientemente sano con la propria madre.

E mai che qualcuno ci dica di farcene una ragione.

Mai che qualcuno ci dica che le persone sono persone, che i santi e i beati esistono solo sul calendario e che normalmente sono pure vergini.

Le madri che vedo nel mio studio, e ne ho viste davvero tante nel corso del tempo, sono spesso donne disorientate, piene d’ansia, impulsive, impazienti, che fanno un sacco di cose stupide, ma che nonostante questo vogliono un gran bene ai loro figli. Sono donne come me, che faccio un sacco di cose stupide che però nulla tolgono al grande amore che provo e proverò sempre per mia figlia. Tutte facciamo quel che possiamo, per come possiamo, per come siamo. E qualcuno un giorno lo dovrà pur spiegare ai figli di tutte le età che l’imperfezione delle madri non è un dispetto deliberato nei loro confronti.

So che mia figlia, al mio pari, continuerà a guardare adorante le madri degli altri pensando che tutti i miei difetti lei non se li meritava. Che il buon Dio avrebbe dovuto assegnarle una madre che amasse passare i suoi pomeriggi al parco, che non la inducesse con la coercizione a lavarsi i denti, e che la scarrozzasse ai concerti di qualche Youtuber dal nome impronunciabile solo per bearsi della gioia dei suoi occhi come ha fatto la mamma di quell’altra bambina che invece è bravissima.

No tesoro, tua madre è imperfetta, e lo è così profondamente che non perde occasione per dimostrartelo. Ma lo faccio per te, così un giorno potrai essere anche tu imperfetta come la tua mamma, senza giustificazioni né vergogna. Sei contenta amore?